Il disturbo borderline di personalità (DBP) colpisce il 2% della popolazione italiana, generalmente in adolescenza o prima età adulta, e in modo più frequente le donne. Il termine “borderline” significa letteralmente “linea di confine”, ed è nato nei primi anni del Novecento per indicare il disturbo di alcuni pazienti collocabile a metà fra le nevrosi (i conflitti e i problemi quotidiani comuni) e le psicosi (i disturbi mentali più gravi, come la schizofrenia).

I sintomi del disturbo borderline includono l’oscillare rapido fra stati d’animo opposti, come la serenità e la tristezza, l’intensa rabbia e il senso di colpa. Un improvviso cambiamento di stato d’animo può avvenire in conseguenza ad eventi relazionali spiacevoli, come un rifiuto, una critica o una semplice disattenzione da parte degli altri. Il soggetto presenta in questo caso una vulnerabilità emotiva reagendo in modo marcato e duraturo, e una disregolazione emotiva a causa della quale gestisce con difficoltà le proprie emozioni.

Ulteriori manifestazioni del disturbo borderline includono relazioni interpersonali tumultuose, instabili e caotiche. Anche in questo caso, il pensiero oscilla fra polarità opposte, fra idealizzazione e svalutazione degli altri, fino a dividere il genere umano in buoni e cattivi. E’ stata riscontrata nei pazienti anche una forte impulsività in comportamenti potenzialmente lesivi, come abbuffate, spese eccessive, sesso promiscuo, guida spericolata, abuso di sostanze stupefacenti. E nei casi più gravi, sentimenti cronici di vuoto e rabbia immotivata ed intensa spingono i soggetti a compiere atti di autolesionismo o tentativi di suicidio.

La principale fra le cause del disturbo borderline è un’infanzia problematica trascorsa in un ambiente invalidante, cioè un contesto in cui la persona è esposta a svalutazione dei propri stati mentali (pensieri, emozioni e sensazioni fisiche), carenze di cure, maltrattamenti o abusi sessuali.

Per guarire dal disturbo borderline di personalità è indispensabile un trattamento psicoterapeutico, che può adottare diverse strategie: psicoterapie individuali, terapie cognitivo-comportamentali, terapie di gruppo interpersonale, terapie familiari. Alla psicoterapia potrebbe essere affiancata la farmacoterapia, con l’utilizzo di stabilizzatori dell’umore, ansiolitici e antidepressivi quando necessari.

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