Dal greco EMPATHEIAPASSIONE”, composta da en “in” e pathos “affetto”, l’empatia rappresenta quindi un fenomeno in forza del quale viene a crearsi, tra noi e un altro individuo, una sorta di comunione affettiva in seguito a un processo di identificazione.

Il terapeuta empatico è dunque un professionista molto diverso dal severo dottore rigido e distante. La disponibilità empatica permette di creare una relazione intima e reciproca unica nel suo genere.

“L’uomo è capace di comportamenti estremi sia nella cura dell’altro, sia nell’indifferenza più crudele” (Tisseron 2013)

Per poter descrivere bene il percorso dell’empatia è bene enucleare e separare l’empatico dagli altri sentimenti somiglianti; come la simpatia, la compassione e l’identificazione, emozioni che sono, forse, componenti propedeutiche dell’empatia stessa.

Tisseron (2013) paragona l’empatia a una piramide a tre strati, o ad una nave con tre ponti sovrapposti:

1. Empatia di base
Lo scopo di questa nave, dice Tisseron, è l‘empatia di base, comune a tutti gli uomini: una capacità di cambiare punto di vista senza perdersi.

L’empatia di base è a sua volta distinguibile in due livelli, al primo livello abbiamo l’empatia emotiva, propria dei bambini che cominciano a conoscere il mondo esterno, il secondo livello, più avanzato, è chiamato empatia cognitiva e permette di percepire i sentimenti altrui. Insomma, qui risiedono i primi tentativi di mettersi al posto degli altri e dei loro pensieri.

2. Empatia reciproca
Un livello più elevato, è quello dell’empatia reciproca, cioè quando cominciamo a pensare che anche gli altri possano pensare e sentire come lo facciamo noi, come veri “specchi”, gli altri possano identificarsi e provare le nostre stesse sensazioni; siamo in contatto con i gesti e la visione identificatoria degli altri esseri.

3. Empatia intersoggettiva
L‘empatia intersoggettiva è il processo più alto della gerarchia empatica, entrano in contatto veri “posti” interiori di se come cambi e trasformazioni reciproche. Si basa su esperienze reciproche capaci di attivare vere e proprie bipolarità psicologiche intersoggettive.

Il processo empatico consiste quindi nel mettersi nei panni dell’Altro, sentendone così le emozioni e le aspettative. Empatizzare con le emozioni altrui ci permette di comprendere in modo competente il mondo interiore delle persone con cui ci connettiamo.

Freud nel 1921 in “Psicologia delle masse e analisi dell’Io”, spiega come l’identificazione empatica sia il primo modo di entrare in connessione e in comunicazione con gli altri nelle prime fasi dello sviluppo. Per Freud, anzi, è solo con l’empatia psicologica che possiamo entrare in comunicazione con dimensioni psicologiche altre da noi, ma con Kohut l’empatia viene a diventare una metodologia base nel lavoro terapeutico. Infatti, per Kohut l’immersione in clima empatico di vicinanza da parte del terapista è il primo passo per ricostruire un SÉ danneggiato da esperienze traumatiche.

Il clima empatico, produce anzi, una forte reazione nei neuroni “specchio” cerebrali capaci di attivare sensazioni di benessere e ricompensa neuro/psicologica capaci di regolare e modulare positivamente emozioni ed esperienze affettive.

L’aver subìto questo deficit di empatia crea distorsioni, trasformazioni sintomatiche e negazione della convalida di noi come esseri portatori di giusti diritti e giusti bisogni, lasciandoci come clandestini nel vuoto siderale.

NARCISISMO
Attraverso la presenza adeguatamente empatica della madre, il bambino riceve e fa sua una esperienza di alto livello affettivo e di regolazione emotiva, la condivisione di uno stato d’animo come la paura, la fame, i malesseri fisici si trasformano in benessere e sicurezza. Molte difficoltà di personalità sono dovute proprio alla sregolazione degli scambi interpersonali ed emotivi, dovuti di certo alla carenza dei livelli di empatia delle relazioni in cui siamo dall’inizio immersi psichicamente.

ISTRIONISMO
La necessità di considerare i nostri bisogni sempre prima di tutto e di tutti, ci impedisce di metterci nei panni degli altri e di riconoscere i desideri degli altri. Questo limite è dovuto alla difficoltà causata da un bisogno di grande ammirazione e conferma, determinato dalla mancanza di empatia primaria verificatasi nel corso dello sviluppo. Spesso l’eccessiva vulnerabilità emotiva e il bisogno di attenzione ci causa sentimenti di disagio negli ambienti in cui non siamo al centro di tutto e ci obbliga ad attirare l’attenzione su di noi, seducendo o esibendo.
A ciò si associa anche spesso la banalizzazione delle relazioni intime usate come strumento di scambio.

INSTABILITÀ EMOTIVA
L’instabilità nelle relazioni e nei comportamenti trova fondamento nella difficoltà ad orientarci nel mondo e nella vita, in quanto la carenza empatica sofferta nell’infanzia può aver determinato la difficoltà nell’autostima e nel raggiungimento dei nostri obiettivi.

ASOCIALITÀ
Spesso un’adolescenza trascorsa tra piccoli atti delinquenziali come furti, aggressioni, abusi e comportamenti irresponsabili si basa sull’intolleranza verso i diritti degli altri, percepiti anzi, come concorrenti sempre vincitori della gara per la vita, per il riconoscimento dell’affetto degli adulti.

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